Con i criteri ESG (Environmental, Social and Governance) è possibile misurare l’impegno di un’azienda nel limitare i propri impatti negativi verso il pianeta e le persone attraverso un adeguato modello di governance. L’acronimo “ESG”, coniato per la prima volta quasi vent’anni fa[1], nel periodo successivo all’esplosione del COVID-19 si è diffuso largamente anche nell’ambiente delle imprese di piccole e medie dimensioni. La crescita della notorietà del termine e quindi dei criteri connessi, registrata anche da Google Trends, è certamente correlata con l’aumento dell’interesse della finanza per gli investimenti “sostenibili” oltre che con le importanti evoluzioni sul piano normativo, fra le quali la recente approvazione della Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD)[2]. Tale provvedimento, considerato da alcuni autori come un autentico “tsunami normativo”, allarga la platea delle imprese soggette ad obbligo di pubblicazione del report di sostenibilità. Nei fatti molte aziende si stanno, già da tempo, strategicamente indirizzando verso proposte di prodotti e servizi sostenibili o perlomeno responsabili nel confronto dell’ambiente e delle persone. Alcune di esse stanno sostenendo anche importanti investimenti nell’adeguamento della struttura organizzativa chiamata a raggiungere nel tempo obiettivi misurabili con indicatori ESG che possono a loro volta essere rendicontati con strumenti di comunicazione, come ad esempio il report di sostenibilità redatto con i GRI Standard.

Le PMI sono disorientate

Negli ultimi mesi molte PMI si trovano di fronte ad una situazione nella quale ricevono richieste, destinate a crescere, di maggiori informazioni relative ad aspetti ESG; questo sia all’interno delle filiere in cui sono collocate, sia da parte degli intermediari finanziari. Da considerare anche professionisti e società di consulenza che propongono software per realizzare rating ESG, diverse tipologie di certificazioni per la sostenibilità ambientale e sociale, linee guida per la responsabilità sociale, percorsi per diventare Società Benefit, servizi per la redazione del Report di Sostenibilità, ecc. Le PMI si trovano dunque, di fronte a un quadro complesso in cui strumenti, metodi, approcci si confondono fra loro e dove spesso non è nemmeno chiaro come relazionarli con il modello di business di un’azienda.

Investire nella sostenibilità ambientale e sociale può essere profittevole?

Proviamo a fare un po’ di ordine cercando di analizzare la situazione con un po’ di razionalità. In primo luogo, è opportuno farsi una domanda: esiste una solida base scientifica e documentale che prova la correlazione fra le performance economico-finanziarie di un’azienda e le sue scelte strategiche verso la sostenibilità sociale e ambientale? In realtà, non è così facile dare una risposta al quesito perché diversi studi scientifici portano a conclusioni, talvolta, controverse[3]. Tra l’altro, anche se molte imprese multinazionali si dichiarano impegnate sul fronte del climate change, importanti rapporti come quelli recentemente pubblicati dal New Climate Institute e dal Carbon Market Watch registrano che le strategie adottate – entro un panel di 24 multinazionali – sono “del tutto insufficienti”[4]

Tuttavia, almeno che non si voglia dare credito alle teorie che intendono smentire l’esistenza del dell’Antropocene, esistono alcuni fatti che non è possibile non considerare. Per prima cosa, le imprese generano impatti (causano effetti) sull’ambiente e sulla società e devono contribuire a gestirne le conseguenze per evitare di essere travolte dalla mancanza di una loro giustificazione sociale. In secondo luogo, anche se non è chiaro come una miglior performance finanziaria possa essere riconducibile a delle scelte strategiche incentrate sui piani ESG, esistono importanti correlazioni fra il miglioramento delle performance sociali e ambientali e la crescita della profittabilità delle aziende. Ciò anche per il fatto che, secondo alcuni studi[5], i consumatori sembrano premiare le aziende responsabili dal punto di vista ambientale e sociale. 

Da dove iniziare per orientare l’Azienda verso un’organizzazione più sostenibile?

Cosa deve fare una PMI che vuole iniziare o gestire al meglio un suo percorso verso la sostenibilità evitando di realizzare iniziative o progetti non ben coordinati con il suo core business? Essa deve attuare un processo articolato con obiettivi, progetti, azioni, responsabilità, budget di spesa, indicatori di prestazione ESG, rendicontazione e comunicazione. Non si tratta certo di un’attività episodica che si esaurisce con un mero output di indicatori quantitativi. In questo percorso, inoltre, è fondamentale l’attività di stakeholder engagement per confrontarsi in maniera sistematica con i portatori di interesse interni ed esterni. 

Trattasi, pertanto, di costruire un piano coordinato con l’intero asset delle attività che l’azienda quotidianamente realizza e occorre, inevitabilmente, considerare e inserire le azioni in ambito ESG all’interno delle priorità legate al core business aziendale per gestirle correttamente nel tempo. 


[1] https://www.ilsole24ore.com/art/gifford-l-inventore-sigla-esg-volevo-aiutare-fondi-pensione-investire-AEtbXa8

[2] https://www.fondazioneoibr.it/2022/11/29/testo-definitivo-della-csrd-corporate-sustainability-reporting-directive/

[3] Per un approfondimento si suggerisce la lettura di G. C. Landi – Sostenibilità e rischi di impresa – cap.3, Wolters Kluver, CEDAM

[4] https://24plus.ilsole24ore.com/art/greenwashing-fuori-rotta-promesse-multinazionali-climate-change-AE3DYjmC

[5] https://www.mckinsey.com/industries/paper-forest-products-and-packaging/our-insights/sustainability-in-packaging-inside-the-minds-of-us-consumers