Economia, società e politica: tutto si muove e non sempre in senso progressivo (le epidemie e i disastri naturali confermano). Come ricordava Z.Bauman dobbiamo accettare un fatto: ‘Poiché l’ideale della certezza è al di fuori della nostra portata individuale e collettiva.. la probabilità appare essere il miglior surrogato di cui possiamo disporre’. Questa consapevolezza cozza contro il nostro bisogno di sicurezze ma sia nella vita personale che nella vita sociale e lavorativa occorre attrezzarsi.
Così in ogni organizzazione le tecniche di change management aiutano a ‘tenere gli occhi aperti’ e stimolano innovazione. Prendiamo un esempio rilevante: le future politiche urbane pubbliche. I lockdown hanno accentuato la desertificazione commerciale e residenziale, provocando sentimenti contrastanti tra adattamento e ansia (Censis 2021) soprattutto tra i non garantiti ed ora occorre ricostruire un tessuto economico-sociale attrattivo nelle città, dove peraltro serve mobilità sostenibile. Il Recovery Fund aiuterà ma le amministrazioni locali hanno parecchio lavoro davanti.
Tenere gli occhi aperti comprende anche tecniche e programmi per prevenire e/o affrontare concretamente i rischi. Così le nostre policy pubbliche avrebbero dovuto aggiornare il piano sanitario antiepidemico che invece era fermo… dal 2005.
Anche in azienda sono molteplici i rischi possibili: organizzativi, finanziari o commerciali. Un recente contributo di McKinsey sottolineava tre componenti di un risk management ‘dinamico’: a) considerare nel business plan rischi possibili in rapporto a criticità interne ed esterne; b) analizzare le capacità di affrontarli in ordine di importanza accantonando relative risorse; c) decidere i piani di azione (what if) per ridurne gli impatti. (v.Dynamic risk management for uncertain times -2021)
Partendo da una scaletta di domande ‘critiche’ si deve preallestire un gruppo di crisi ad hoc supportato da una comunicazione tempestiva e trasparente agli stakeholder. Così nel caso di forti insolvenze il nuovo Codice della Crisi (dl 125/2020 stimolato anche da questa epidemia) indica quattro step che – dopo un’analisi onesta dei motivi – possano evitare il default aziendale garantendo la continuità competitiva o almeno ridurne gli impatti negativi.
Dunque per ogni processo di cambiamento il gruppo dirigente deve sviluppare (ed ‘oliare’) preventivamente un sistema di knowledge & risk management valorizzando sia le conoscenze/competenze interne ‘nascoste’ sia fonti esterne, a cui far seguire obiettivi, risorse e relative road map. E soprattutto nelle piccole aziende – affannate dalla tremenda quotidianità operativa – occorre l’aiuto di qualche consulente esperto che porti buone pratiche, le quali a volte fanno scoprire anche ‘qualcosa di buono che la crisi ha inaspettatamente suggerito’.
Di fronte al cambiamento nec spe nec metu. Solo programmi concreti.