Nel seguente articolo di Carlo Baldassi si ribadisce l’importanza delle risorse intangibili in azienda come chiave per l’innovazione organizzativa.
Da tempo le imprese ed organizzazioni più competitive sono convinte dell’importanza del ruolo che le risorse immateriali (intangible assets) rivestono nell’attuale società e nell’economia.
Imprese mondiali come Apple, Microsoft o Luis Vuitton sono sistematicamente elencate ai primi posti della classifica annuale di Forbes sui brand più importanti al mondo. Ma anche molte piccole e medie imprese di alta gamma possono fregiarsi di asset intangibili assai distintivi e competitivi: per restare in Italia potremmo citare i leader del food o della moda o imprese high tech in vari settori.
In queste imprese il valore complessivo (book value + IAS 38) può essere composto per oltre il 50/60% da fattori intangibili.
E naturalmente anche nel non profit –pubblico o privato-esistono i ‘campioni’.
Il fattore scatenante a livello globale è la moderna economia della conoscenza su cui influiscono ICT, web economy, trasversalità delle tecnologie e dei sistemi organizzativi, longlife education e nuove professionalità.
Perseguire e sviluppare gli intangible assets in un’azienda/organizzazione significa dunque ricercare fattori distintivi meno replicabili dai concorrenti.
Questi assets distintivi possono derivare sia dal contesto esterno all’impresa/organizzazione (es. cultura sociale, infrastrutture tecnologiche diffuse, efficienza della PA ecc) sia –soprattutto- da fattori interni (competenze e professionalità, opere d’ingegno e creatività, processi organizzativi efficaci, relazioni con gli stakeholder ecc).
Un elenco sintetico degli I.A. potrebbe essere il seguente:
- Human Resources Assets (professionalità e processi di knowledge management, leadership allargata, autoimprenditorialità diffusa, dedizione dei collaboratori ecc)
- Marketing Related Assets (brand e posizionamento competitivo, sales management, redditività del business, rapporti con gli stakeholder ecc)
- Customer Related Assets (user experience, gestione della clientela, customer satisfaction e fidelizzazione ecc)
- Technology Based Assets (know how e brevetti, certificazioni, partnership con centri di ricerca ecc).
L’insieme dei fattori intangibili costituisce il capitale intellettuale di un’organizzazione, composto dal capitale umano, dal capitale organizzativo e dal capitale relazionale.
Se l’obiettivo dell’azienda/organizzazione è creare valore per sè e per la società, allora il compito del management è di valorizzare le interazioni tra le componenti del capitale intellettuale e definire opportuni indicatori relativi ai processi ed ai risultati attesi.
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Come misurare gli Intangible Assets
secondo gli IAS 38 (International Accounting Standard) i valori intangibili sono misurabili attraverso vari indicatori ma questi debbono essere continui e verificabili nel tempo, essere indicatori significativi ed essere coerenti con le strategie di value creation aziendale.
Ad es. per ottenere il fair value di un’azienda i principali indicatori valutativi considerano:
- il reddito aggiuntivo/valore aggiunto (share value)
- il costo sostenuto rispetto all’output (i processi e la qualità)
- il successo duraturo sul mercato (competitività).
I reporting sugli I.A. debbono coinvolgere vari attori interni ed esterni (AFC, marketing, banche e stakeholder sociali ecc) ed essi possono misurare:
- qualità delle risorse umane (professionalità, organigrammi, good place to work e turn over, knowledge & change management, diversity policies ecc )
- tassi di crescita (relativi a patrimonio, fatturato, investimenti e redditività, QM e brand value, clientela ecc)
- tassi di innovazione (relativi a nuove tecnologie e processi, certificazioni, innovazioni utilizzate, adesione a protocolli internazionali, reti d’impresa ecc)
- fattori di efficienza (business planning, KPI, obiettivi con meno costi/tempi, risk management, rapporti con banche ecc)
- fattori di continuità dei risultati nel tempo (valore azionario, Corporate Social Responsibility, partnership esterne ecc).
Ad es. nel caso della misurazione del valore di una marca (brand value) i principali metodi sono quelli:
Financial based: utilizzando metodi quali capital market, cost oriented, licensed oriented e premium-price oriented. Ad es. il metodo cost oriented considera il tempo/costo che un brand dovrebbe sostenere per diventare leader: conviene costruirlo o acquistarlo già pronto?
Market based: ad es. misurare la brand equity come l’effetto differenziale (ad es. più vendite o migliori margini) che la conoscenza della marca esercita sulle scelte dei consumatori alle azioni di marketing dell’azienda.
E naturalmente i report possono (dovrebbero sempre) essere completati da benchmarking coi leader di settore tramite alcuni sistemi di rating da aggiornare costantemente.
Chi fa tutto ciò? Ovviamente le linee strategiche sono dettate dal management o dall’imprenditore, ma un contributo assai importante può essere fornito da consulenti di direzione che – all’interno di un board -possono fornire contributi che derivano proprio dalla loro terzietà e dalle loro molteplici esperienze.
Carlo Baldassi consulente di management certificato APCO – Udine http://www.baldassi.it