Il mio contributo a Il Quotidiano del Friuli Venezia Giulia del 18 febbraio.

Strategie per vincere la concorrenza a basso costo
 

Con la globalizzazione dei mercati e la crisi economica internazionale, la concorrenza, per le imprese delle economie avanzate, non è più sostenibile unicamente puntando su elementi di differenziazione di costo; al contrario, è indispensabile esaltare le possibilità di sfruttare vantaggi competitivi basati sulla conoscenza. Questa circostanza, naturalmente, raffigura una sfida considerevole per i produttori delle economie sviluppate in Europa e Nord America; non solo il lavoro è significativamente meno caro in Paesi emergenti come Cina, Messico e Brasile, ma anche gli investimenti in macchine tecnologicamente più moderne o il miglioramento marginale dei processi produttivi rischia di non essere sufficiente quando le fabbriche a basso costo raggiungono standard qualitativi elevati con capacità produttive su larga scala e metodi di produzione all’altezza di quelli del resto del mondo.

La smaterializzazione del valore ha creato un’economia dove conta vendere idee, creatività e nuovi servizi, oltre a prodotti materiali. Si compete, quindi, sulla base di conoscenze originali ed esclusive frutto di investimenti e innovazioni; inoltre, per riposizionarsi rispetto a Paesi emergenti, comunque rapidi nell’acquisire nuove conoscenze, serve un’economia che sia in grado di realizzare un processo di apprendimento rapido e capace di produrre e rendere utilizzabili saperi originali ed esclusivi.

Molti produttori europei hanno, tuttavia, già raccolto la sfida. Nonostante vi siano nei Paesi dell’Europa occidentale delle normative in materie di utilizzo della manodopera, delle strutture e delle attrezzature tra le più severe al mondo, molte imprese riescono a far fronte a settori ad alto tasso di concorrenza. Quali sono i fattori che hanno permesso a queste imprese di vincere la sfida della competitività? Secondo un recente articolo pubblicato su Harvard Business Review di S. E. Chick, A. Huchzermeier e S. Netessine, sono riconducibili a quattro strategie:

  1. Sfruttare una maggiore integrazione fra partner di filiera attraverso un continuo scambio d’informazioni che permettono una co-creazione alimentata da fiducia e lealtà.
  2. Ottimizzare il valore per il cliente lungo tutta la filiera e non solo nel settore di propria competenza. Ad esempio, puntando su servizi avanzati aggiuntivi per il cliente.
  3. Migliorare la produzione grazie a un approccio collaborativo. Solo attraverso un’intensa integrazione con fornitori e clienti è possibile gestire in maniera flessibile la produzione e soddisfare la rapida evoluzione dei bisogni dei consumatori.
  4. Produrre su misura mettendo a frutto le abilità tecniche per offrire alla clientela elevati livelli di personalizzazione del prodotto.

Si può osservare come in tutte queste situazioni i produttori si siano concentrati sul coordinamento proattivo e collaborativo con i partner della propria filiera, condividendo reciproche conoscenze e sfruttandole in termini di creazione di valore. Questa strategia presenta un vantaggio nella competizione con le imprese dei Paesi emergenti che non possono riprendere facilmente questo approccio che richiede la capacità di condividere informazioni, di ottimizzare i costi complessivi della catena del valore, di adattare rapidamente la capacità produttive e di realizzare prodotti altamente personalizzati.

“Fare rete” per accrescere la competitività e l’innovazione delle PMI così da affrontare le sfide della globalizzazione.

Questo il tema rivolto ad aspiranti imprenditori, ma anche a coloro che desiderano qualificare, potenziare e diversificare le proprie attività di impresa o crearne di nuove.

Programma

16.00 – Indirizzi di saluto
Giovanni Da Pozzo
Presidente della Camera di Commercio di Udine
Marco Pascoli
Presidente del Comitato Imprenditoria Giovanile della Camera di Commercio di Udine

16.10 – Il franchising, che cos’è? La legge sul franchising in Italia
Italo Bussoli
Segretario Generale Assofranchising
Natale Callipari
Studio legale Callipari

16.30 – Contributi a favore dell’imprenditoria
Serena Pavan
Funzionario Ufficio contributi della Camera di Commercio di Udine

16.50 – Contratto di licenza di marchio non esclusivo e contratto di franchising e loro differenze
Studio GLP

17.10 – I contratti di rete, che cosa sono e come vengono regolamentati
Alessandro Braida
Partner MGMT

17.30 – Dibattito e conclusioni

Modera: Alessandra Salvatori

Adesioni fino a raggiungimento posti disponibili

 

CRESCERE E SVILUPPARE LA PROPRIA AZIENDA FACENDO RETE CON ALTRE IMPRESE – IL CONTRATTO DI RETE

Workshop gratuito per le imprese associate a Confcommercio Udine che si terrà lunedì 24 marzo alle ore 18.30 presso la sede di Feletto Umberto – Tavagnacco (UD).

Docenti:

dott. Alessandro Braida (Consulente di Management qualificato APCO-CMC)

dott. Federico Barcherini (Consulente di Management qualificato APCO-CMC)

Per i dettagli dell’evento, consultare il link: http://www.confcommercio.udine.it/evento-iniziativa-dettaglio.php?identificatore=1948

Come da locandina allegata, si terrà lunedì 17 Marzo 2014, presso la Camera di Commercio di Pordenone, la terza tappa del road-show di presentazione del libro APCO (Associazione professionale italiana consulenti di management) del Friuli Venezia Giulia intitolato ”INNOVARE PER COMPETERE – CONTRIBUTI DAI CONSULENTI DI MANAGEMENT APCO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA PER USCIRE MIGLIORI DALLA CRISI” e curato da Carlo Baldassi, Federico Barcherini, Alessandro Braida, Lionel Cividino, Michele Degrassi e Rudi Vittori.

APCO -CCIAAPN 17-3

Incubatori di startup: ecco cosa non funziona nel business dell’innovazione italiano – Wired.

Il mio contributo a Il Quotidiano del Friuli Venezia Giulia del 18 febbraio.

Start-up: riflessioni per accelerare la crescita
 Il numero delle start-up innovative è in costante aumento in Italia ed, oltre alle società già costituite, esiste una florida realtà di pre start-up rappresentata da un patrimonio di giovani team con idee imprenditoriali che si formano nelle numerose business plan competition, nei programmi di incubazione e accelerazione.
Secondo dati recenti, si calcolano 1.478 start-up innovative iscritte negli ultimi mesi nei registri delle camere di commercio e 1.082 spin-off creati dai risultati della ricerca pubblica. Altre indagini ci dicono che 50% delle start-up innovative sono localizzate al Nord, il 36% al Centro e il 14% al Sud e che gli investimenti totali nelle start-up hi-tech nel 2012 sono stati pari a 112 milioni di Euro mentre il dato stimato per il 2013 è di 110 milioni circa. Importante evidenziare che, fatto cento l’investimento totale in queste start-up nel corso del 2012, il 71% delle risorse proviene da investitori istituzionali e solo il restante 29% da business angels, incubatori e acceleratori di business. Interessante anche notare che osservando il background e l’età dei fondatori delle start-up, si può constatare che ben l’83% dei fondatori ha un passato o un’esperienza di natura manageriale mentre il restante 17% un background di natura tecnica.
Naturalmente, la realtà presenta anche i suoi punti dolenti se non altro perché la trasformazione del valore economico attribuibile all’idea imprenditoriale in generazione di fatturato rimane molto difficile: la stragrande maggioranza delle start-up innovative produce un  fatturato inferiore ai 100 mila euro. Con un po’ di coraggio è opportuno affrontare la questione e contribuire al dibattito con alcune riflessioni.
In primo luogo, è necessario sviluppare legami tra start-up e aziende di dimensioni almeno medie che dispongono di capacità finanziaria,  sono dotate di modelli gestionali e organizzativi consolidati, sono presenti sui mercati esteri e devono cercare soluzioni innovative per rimanere competitive. Queste aziende, inoltre, dispongono di competenze manageriali e di relazioni strategiche e commerciali fondamentali per trasformare il valore delle idee innovative in fatturato.
In secondo luogo, il focus strategico deve essere spostato dalla tecnologia all’esistenza di una domanda concreta di bisogni espliciti e reali da soddisfare. L’idea che le start-up debbano essere imprese super-tecnologiche e concentrate  nelle comunità di innovatori giova più a un approccio mediatico che economico.
Infine, è decisivo sviluppare da subito fatturato perché esso valida l’utilità del progetto imprenditoriale e del prodotto o servizio. Uno sviluppo repentino delle vendite è preferibile anche a dei sussidi generalizzati alle prime fasi di operatività. Necessario, quindi, creare occasioni per la sperimentazione sul campo del prodotto o servizio verificandone l’accettazione da parte del futuro cliente e le condizioni alle quali questo è disposto ad acquistare.

 

 

Convegno APCO – Innovare per competere

Si terrà mercoledì prossimo,  26 Febbraio 2014, Palazzo Torriani (sede di Confindustria Udine) la seconda tappa del road-show di presentazione del libro APCO (Associazione professionale italiana consulenti di management) del Friuli Venezia Giulia intitolato ”INNOVARE PER COMPETERE – CONTRIBUTI DAI CONSULENTI DI MANAGEMENT APCO DEL FRIULI VENEZIA GIULIA PER USCIRE MIGLIORI DALLA CRISI”.

Interverranno all’incontro, aperto al pubblico, il presidente del Gruppo Giovani imprenditori di Confindustria UdineMassimiliano Zamò, e il Delegato alla Cultura dell’Associazione Damiano Ghini. Dopo la presentazione di APCO da parte di Carlo Baldassi, delegato APCO Friuli Venezia Giulia, seguirà la presentazione del volume a cura degli autori: lo stesso Carlo Baldassi, Federico Barcherini, Alessandro Braida, Lionel Cividino, Michele Degrassi e Rudi Vittori.

Di seguito il mio contributo per “Realtà Industriale”, mensile ufficiale di Confindustria Udine, di Febbraio 2013.

“La Banca mondiale, nel rapporto sulle prospettive economiche globali pubblicato a gennaio, ha rivisto al rialzo la previsione di crescita del Pil per il 2014, portandola da +3% a +3,2%, e ha previsto che l’economia mondiale persisterà nel rafforzarsi anche nel 2015 e nel 2016, con un incremento del prodotto rispettivamente pari a +3,4% e +3,5%. Relativamente all’area euro, l’istituto di Washington, dopo la contrazione degli ultimi due anni, ha stimato una crescita dell’1,1% quest’anno e dell’1,4% e dell’1,5% rispettivamente nel 2015 e 2016. Prospettive sostanzialmente ottimistiche arrivano anche dagli Stati Uniti, dove il Pil è stato stimato a +2,8% quest’anno e a +2,9% e +3% nel 2015 e nel 2016; proprio il Presidente Obama ha recentemente dichiarato che il 2014 «potrà essere un anno di svolta per gli Stati Uniti».
Un monito arriva, invece, dal governatore della BCE Mario Draghi che ha affermato: “La ripresa resterà lenta
e sarei cauto a parlare di crisi finita”. In particolare, nel nostro Paese, nonostante il governo prosegua nel consolidamento fiscale, il debito pubblico sta continuando a salire in rapporto al Pil e potrebbero essere necessarie nuove misure di aggiustamento. Su queste basi l’Ocse, in maniera pessimistica rispetto alle stime del governo italiano e dell’Istat, nel suo ultimo “Economic Outlook” ritiene che, l’economia italiana, dopo una contrazione dell’1,9% nel 2013, crescerà dello 0,6% nel 2014 e dell’1,4% nel 2015.
Anche il presidente degli industriali friulani Matteo Tonon, durante la conferenza stampa di Confindustria Udine d’inizio anno, ha avuto modo di richiamare alla prudenza. Egli ha posto l’attenzione sul fatto che la produzione industriale, che si attesta nel 2013 a 76,5 punti (sulla base di 100 relativa al periodo pre-crisi), registra un valore praticamente pari ai 75 punti rilevati quando si era ai minimi nel 2008. Questo, come Tonon fa notare, rappresenta «Un valore che non è abbastanza per intravedere la luce in fondo al tunnel, ma che è altresì un segnale che da un primo momento di stabilizzazione si va a creare un nuovo campo-base su cui ricostruire le posizioni del nostro sistema industriale e manifatturiero».


In definitiva, rimane il fatto che l’incertezza sull’evoluzione dell’economia italiana nel corso dei prossimi anni, dopo una lunga e pesante recessione, è probabilmente ineliminabile. I fattori economici e politici che penalizzano il nostro paese non sono ancora stati eliminati e questo indebolisce profondamente tutto il comparto industriale e dei servizi. A ciò si aggiunge la difficoltà oggettiva delle banche nell’erogare credito che ha generato una stretta sui prestiti che colpisce severamente consumatori e industriali. L’impresa italiana, pertanto, in un contesto in cui i concorrenti esteri, che non hanno questi elementi di freno, hanno ripreso a investire, deve combattere una situazione di grave handicap ambientale che penalizza soprattutto le piccole e medie aziende oltre alle start-up. Le imprese più grandi, che per definizione hanno accesso al credito internazionale, soffrono il paese solo per percentuali minori del proprio business.
L’imprenditore, e in particolare quello delle aziende di piccole o medie dimensioni, è abituato al «fare» quotidiano, e non a concentrarsi su soluzioni che prospettano orizzonti temporali non ben definiti. Di conseguenza, in attesa che la politica e i decisori economici accelerino i processi di riforma del sistema italiano, è importante che le imprese seguitino nel perseguire alcune linee strategiche: il rafforzamento della struttura organizzativa attraverso governance più razionali ed efficienti; la maggiore internazionalizzazione per favorire le possibilità di accedere a mercati dove le potenzialità di crescita sono particolarmente elevate; la ricerca di sinergie con altre imprese attraverso l’aggregazione e il superamento dei limiti dimensionali, che troppo spesso penalizzano le imprese italiane impedendo di esprimere pienamente le proprie eccellenze; infine, la ripresa degli investimenti nelle attività di ricerca e di sviluppo.
La rapidità nel trasformare le strategie in azioni rimane decisiva: “pensare strategico e agire pratico” qualcuno ha correttamente osservato; è necessario, pertanto, saper selezionare tra tutte le informazioni e i dati disponibili ciò che è veramente utile all’impresa per poter decidere con un orizzonte temporale necessariamente di breve periodo. Per molte imprese questo significa avviare un cambiamento sostanziale, rapido e sostenibile nel tempo, una riorganizzazione e un riposizionamento strategico che ridisegni una nuova via per riconquistare la profittabilità. L’esperienza evidenzia, infatti, la necessità di importare, anche in imprese di dimensioni medio-piccole, metodi consolidati e strutturati, la disciplina e l’orientamento agli obiettivi.”

Alessandro Braida
Gruppo Giovani Imprenditori dell’Industria di Udine