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Di seguito il mio contributo per “Realtà Industriale”, mensile ufficiale di Confindustria Udine, di Febbraio 2015

Anche per l’economia della nostra regione è in atto un processo di radicale cambiamento ovvero un riposizionamento competitivo attraverso la specializzazione delle imprese nei segmenti produttivi a più elevato contenuto innovativo.

Con questa consapevolezza, la giunta regionale ha recentemente approvato un disegno di legge denominato “Rilancimpresa” su proposta del vicepresidente e assessore alle attività produttive Sergio Bolzonello, che ha definito questa riforma delle politiche industriali come una prima legge complessiva della Regione espressamente dedicata al comparto industriale.

Il disegno di legge ha ottenuto una sostanziale approvazione del suo impianto normativo generale nel corso dei successivi tavoli delle concertazioni tra parti sociali e amministrazione regionale. Gli intervenuti, tuttavia, hanno comunque inteso fornire puntuali indicazioni per approfondire alcuni aspetti: in particolare, sono stati proposti maggiori spazi di interazione con il sistema economico regionale nel settore dell’internazionalizzazione (Matteo Tonon, Confindustria Udine); è stata richiesta un’ulteriore semplificazione amministrativa (Giuseppe Graffi Brunoro, ABI- Associazione Bancaria Italiana FVG) e un inasprimento dei vincoli alle imprese che intendono delocalizzare (Franco Belci, CGIL); è stata segnalata la necessità di una gestione coordinata delle aree industriali e artigianali extra Consorzi (Graziano Tilatti, Confartigianato) e a più voci è stata sollecitata l’adozione del Piano Energetico Regionale (PER) ed è stata ribadita la necessità di una incisiva politica delle infrastrutture.

Con il testo del disegno di legge si individuano quattro pilastri di intervento: attrattività, sviluppo, semplificazione e ridefinizione dei sistemi produttivi locali. Emerge, quindi, la volontà di perseguire obiettivi quali il sostegno della competitività e della creazione dell’occupazione attraverso la gestione delle persistenti situazioni di crisi e il rilancio del sistema manifatturiero che dovrà diventare “tecnologicamente avanzato, rinnovato nei processi produttivi, innovativo nelle produzioni, presente sui mercati emergenti, capace di creare valore aggiunto e di difendere e sviluppare l’occupazione”. La ricchezza delle specializzazioni tradizionali potrà coniugarsi con le nuove tecnologie, con le opportunità dell’ICT, della green economy, facendo rete con altre imprese anche in una logica di filiera.

Rileggendo il piano di sviluppo del settore industriale presentato dalla Regione lo scorso anno, e che ha ispirato il disegno di legge, vanno menzionate alcune azioni guida: il fare sistema, sostenere le PMI e le specializzazioni del manifatturiero, nuove imprese e start up innovative, attrarre nuovi investimenti, innovare, rilanciare gli investimenti, internazionalizzare e semplificare. In particolare, considerando la necessità di fare sistema vengono richiamati i ruoli di enti come Friulia, Mediocredito del Friuli Venezia Giulia, Finest, i Confidi, Informest, BIC che dovranno, così come anche le Camere di Commercio, assicurare un efficace sistema coordinato di incentivazione delle imprese nelle aree di intervento ritenute prioritarie, nel rispetto dei ruoli istituzionali. Relativamente al sostegno delle PMI e del rilancio del manifatturiero emerge la necessità di rafforzare l’impegno dell’amministrazione regionale nell’attuazione dei principi guida dello Small Business Act a favore delle piccole e medie imprese nonché di procedere ad una revisione del ruolo dei distretti per accompagnarli verso formule di aggregazione capaci di elevare le competitività delle filiere produttive. Riguardo all’internazionalizzazione l’impegno della regione sarà quello di favorire la diffusione della conoscenza degli strumenti agevolativi in materia di commercio estero e di internazionalizzazione disponibili, attraverso il rafforzamento di iniziative di scambio e confronto sulle iniziative nazionali e internazionali attivate per favorire i processi di internazionalizzazione.

Se da un lato la politica intende attivare strumenti e azioni che mirano a realizzare un contesto ambientale più favorevole per le imprese, dall’altro gli imprenditori e i manager dovranno affrontare positivamente il cambiamento (organizzativo, tecnologico o commerciale) per innovare le capacità competitive dell’azienda. Dovranno attrezzarsi con nuove competenze e visioni strategiche di più ampio respiro, anche collaborando con professionisti qualificati (esistono ad esempio associazioni non ordinistiche, come APCO – Associazione Professionale Consulenti di Organizzazione e direzione aziendale – che certificano le competenze dei professionisti associati) capaci di erogare servizi di business a forte intensità di conoscenze (i cosiddetti KIBS – Knowkedge Intensive Based Services) e di agevolare la capacità delle imprese di utilizzare gli strumenti che la Regione metterà in campo.

 

Di seguito il mio articolo pubblicato su realtà industriale di Confindustria Udine di questo mese

L’avvio di una nuova attività imprenditoriale rappresenta una sfida avvincente e allo stesso tempo di elevata complessità. Richiede l’elaborazione di una chiara strategia che con un’attenta disamina faccia emergere l’idea innovativa ma anche i pericoli, le opportunità, i rischi e le criticità da gestire nella fase d’avvio e in quella dello sviluppo del business. Richiede la scelta della forma giuridica che l’impresa dovrà assumere e del modello organizzativo che dovrà adottare per la sua governance. Esige, soprattutto, una realistica analisi dell’ambiente competitivo per posizionare correttamente l’impresa sui mercati. Una ricerca di mercato fondata sul reperimento di dati e di informazioni presso siti web, associazioni imprenditoriali, camere di commercio, enti di ricerca e sportelli europei consente una migliore comprensione dell’evoluzione dei bisogni dei potenziali clienti; ciò significa evitare di basare le proprie speranze di successo su percezioni personali troppo spesso considerate indubitabili oppure sulle proprie capacità tecniche, produttive, organizzative e commerciali.

Le valutazioni strategiche devono necessariamente essere formalizzate con strumenti di progettazione e presentazione come gli elevator pitch (una chiara e sintetica presentazione del progetto con lo scopo di convincere gli investitori in un brevissimo lasso di tempo) e come il business plan, documento fondamentale sia nella fase di avvio d’impresa sia in seguito per la ricerca di finanziamenti. Decisiva, infatti, per un progetto imprenditoriale, è la valutazione razionale delle dinamiche finanziarie a supporto delle diverse fasi che attraversa l’impresa durante il suo avvio:

– la fase iniziale denominata “seed”, durante la quale non è necessario un fabbisogno finanziario troppo elevato;

– la fase successiva di “start-up”, nella quale l’esigenza di fonti finanziarie cresce per sostenere la probabile assenza di ricavi;

– la fase “early growth”, durante la quale la veloce espansione dei ricavi produce un maggior autofinanziamento che continua, comunque, a non essere sufficiente per sostenere l’elevato fabbisogno finanziario connesso all’esigenza di sviluppare la rete distributiva sul mercato, di sostenere gli investimenti in capacità produttiva e al rapido sviluppo del capitale circolante;

– infine, la fase “sustained growth” nella quale il fabbisogno finanziario è proporzionale alla crescita del fatturato.

Durante questo percorso, oltre agli strumenti bancari, ai finanziamenti agevolati (regionali, nazionali e comunitarie), il finanziamento attraverso il capitale di rischio rappresenta spesso la chiave per il successo del progetto: incubatori, business angel e venture capitalist sono attori chiamati a ricoprire un ruolo indispensabile. Se grandi aziende come, ad esempio, Telecom, Vodafone, Intesa San Paolo hanno da tempo avviato iniziative per le start-up, anche associazioni di business angel come IBAN (Italian Business Angel Network) e come IAG (Italian Angels for Growth) rivestono un ruolo di primaria importanza.

La leva finanziaria è indispensabile. Non va dimenticato, tuttavia, che esiste anche un contesto sociale fatto di enti, associazioni, centri di aggregazione e sistemi per fare network che ruotano intorno al mondo delle nuove imprese tecnologiche. In particolare, si sono ormai diffusi luoghi, reali e virtuali, che mettono a disposizione postazioni di lavoro condivise in ambienti vivaci e ricchi di stimoli. Lo scopo è quello di favorire le sinergie e di incrementare lo scambio di idee in community di professionisti e di aziende che, talvolta, si prestano a un servizio di consulenza personalizzato. Situazioni ben avviate sono la rete dei “Coworking”, che si stanno diffondendo in tutta Italia, e la rete mondiale di spazi fisici e di persone che si occupano di nuova imprenditorialità, d’innovazione e d’impresa sociale denominata “The Hub” che ha una sede a Trieste.

Anche il Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Udine si sta impegnando concretamente per le start-up. È in fase di progettazione, infatti, un’iniziativa denominata “Start & Go” rivolta a micro, piccole e medie imprese gestite da giovani imprenditori tra i 18 e i 40 anni che intendono sviluppare progetti ad alto contenuto innovativo, tecnologico e di conoscenza di prodotti, servizi, processi e modelli di gestione migliorativi rispetto al panorama esistente. Il progetto vuole sostenere la crescita delle nuove iniziative imprenditoriali particolarmente innovative e prevede anche un bando di finanziamento che aprirà entro fine anno. Il Gruppo sta lavorando anche per ottenere finanziamenti bancari a tasso agevolato e si prevedono azioni di sostegno attraverso consulenze professionali, premi in denaro, insediamento presso incubatori, promozione dell’iniziativa imprenditoriale, visibilità sul territorio, formazione e tutoraggio.

Alessandro Braida

Gruppo Giovani Imprenditori Confindustria Udine