Articoli

Di seguito il mio contributo per “Realtà Industriale”, mensile ufficiale di Confindustria Udine, di Febbraio 2013.

“La Banca mondiale, nel rapporto sulle prospettive economiche globali pubblicato a gennaio, ha rivisto al rialzo la previsione di crescita del Pil per il 2014, portandola da +3% a +3,2%, e ha previsto che l’economia mondiale persisterà nel rafforzarsi anche nel 2015 e nel 2016, con un incremento del prodotto rispettivamente pari a +3,4% e +3,5%. Relativamente all’area euro, l’istituto di Washington, dopo la contrazione degli ultimi due anni, ha stimato una crescita dell’1,1% quest’anno e dell’1,4% e dell’1,5% rispettivamente nel 2015 e 2016. Prospettive sostanzialmente ottimistiche arrivano anche dagli Stati Uniti, dove il Pil è stato stimato a +2,8% quest’anno e a +2,9% e +3% nel 2015 e nel 2016; proprio il Presidente Obama ha recentemente dichiarato che il 2014 «potrà essere un anno di svolta per gli Stati Uniti».
Un monito arriva, invece, dal governatore della BCE Mario Draghi che ha affermato: “La ripresa resterà lenta
e sarei cauto a parlare di crisi finita”. In particolare, nel nostro Paese, nonostante il governo prosegua nel consolidamento fiscale, il debito pubblico sta continuando a salire in rapporto al Pil e potrebbero essere necessarie nuove misure di aggiustamento. Su queste basi l’Ocse, in maniera pessimistica rispetto alle stime del governo italiano e dell’Istat, nel suo ultimo “Economic Outlook” ritiene che, l’economia italiana, dopo una contrazione dell’1,9% nel 2013, crescerà dello 0,6% nel 2014 e dell’1,4% nel 2015.
Anche il presidente degli industriali friulani Matteo Tonon, durante la conferenza stampa di Confindustria Udine d’inizio anno, ha avuto modo di richiamare alla prudenza. Egli ha posto l’attenzione sul fatto che la produzione industriale, che si attesta nel 2013 a 76,5 punti (sulla base di 100 relativa al periodo pre-crisi), registra un valore praticamente pari ai 75 punti rilevati quando si era ai minimi nel 2008. Questo, come Tonon fa notare, rappresenta «Un valore che non è abbastanza per intravedere la luce in fondo al tunnel, ma che è altresì un segnale che da un primo momento di stabilizzazione si va a creare un nuovo campo-base su cui ricostruire le posizioni del nostro sistema industriale e manifatturiero».


In definitiva, rimane il fatto che l’incertezza sull’evoluzione dell’economia italiana nel corso dei prossimi anni, dopo una lunga e pesante recessione, è probabilmente ineliminabile. I fattori economici e politici che penalizzano il nostro paese non sono ancora stati eliminati e questo indebolisce profondamente tutto il comparto industriale e dei servizi. A ciò si aggiunge la difficoltà oggettiva delle banche nell’erogare credito che ha generato una stretta sui prestiti che colpisce severamente consumatori e industriali. L’impresa italiana, pertanto, in un contesto in cui i concorrenti esteri, che non hanno questi elementi di freno, hanno ripreso a investire, deve combattere una situazione di grave handicap ambientale che penalizza soprattutto le piccole e medie aziende oltre alle start-up. Le imprese più grandi, che per definizione hanno accesso al credito internazionale, soffrono il paese solo per percentuali minori del proprio business.
L’imprenditore, e in particolare quello delle aziende di piccole o medie dimensioni, è abituato al «fare» quotidiano, e non a concentrarsi su soluzioni che prospettano orizzonti temporali non ben definiti. Di conseguenza, in attesa che la politica e i decisori economici accelerino i processi di riforma del sistema italiano, è importante che le imprese seguitino nel perseguire alcune linee strategiche: il rafforzamento della struttura organizzativa attraverso governance più razionali ed efficienti; la maggiore internazionalizzazione per favorire le possibilità di accedere a mercati dove le potenzialità di crescita sono particolarmente elevate; la ricerca di sinergie con altre imprese attraverso l’aggregazione e il superamento dei limiti dimensionali, che troppo spesso penalizzano le imprese italiane impedendo di esprimere pienamente le proprie eccellenze; infine, la ripresa degli investimenti nelle attività di ricerca e di sviluppo.
La rapidità nel trasformare le strategie in azioni rimane decisiva: “pensare strategico e agire pratico” qualcuno ha correttamente osservato; è necessario, pertanto, saper selezionare tra tutte le informazioni e i dati disponibili ciò che è veramente utile all’impresa per poter decidere con un orizzonte temporale necessariamente di breve periodo. Per molte imprese questo significa avviare un cambiamento sostanziale, rapido e sostenibile nel tempo, una riorganizzazione e un riposizionamento strategico che ridisegni una nuova via per riconquistare la profittabilità. L’esperienza evidenzia, infatti, la necessità di importare, anche in imprese di dimensioni medio-piccole, metodi consolidati e strutturati, la disciplina e l’orientamento agli obiettivi.”

Alessandro Braida
Gruppo Giovani Imprenditori dell’Industria di Udine

Di seguito il mio contributo per “Realtà Industriale”, mensile ufficiale di Confindustria Udine, di Ottobre 2013.

“Aggredire i mercati esteri e migliorare la propria posizione competitiva nel mercato interno richiedono la capacità di investire energie, risorse e, soprattutto, relazioni per riorientare le scelte strategiche e commerciali delle imprese. In questo contesto, le situazioni di mancanza di fiducia tra imprese e tra queste e i loro interlocutori (banche, clienti, fornitori, enti e istituzioni pubbliche) non sono più sostenibili; assume rilievo, invece, la capacità di agire in modo coordinato, elevando la propensione a dialogare, a negoziare e a stipulare accordi reciproci profittevoli e generando, in tal modo, una discontinuità rispetto al passato.
Come è noto, la piccola dimensione delle imprese italiane spesso genera inefficienza a causa del costo dell’elevato numero di relazioni e di transazioni da gestire all’interno delle filiere, siano esse orizzontali o verticali. Inoltre, in un’economia dove il vantaggio competitivo per le imprese dei paesi avanzati si basa sulla conoscenza e sulla smaterializzazione del valore e dove si vendono idee, creatività e servizi (e non solo prodotti materiali) vanno favoriti i percorsi di condivisione delle informazioni commerciali, la ricerca pre-competitiva, le collaborazioni allo sviluppo di prodotti e servizi innovativi e le attività di ricerca e sviluppo svolte in comune.
Fare rete diventa così un imperativo ricorrente e cresce l’attenzione riposta sugli strumenti quali i consorzi, le ATI (associazioni temporanee d’impresa) e il contratto di rete sia da parte delle istituzioni come la Regione, le Camere di Commercio, e le associazioni di imprenditori sia delle società di servizi e dei consulenti legali, fiscali e manageriali. Il contratto di rete si presenta come uno strumento innovativo finalizzato, da un lato, a garantire ai partecipanti la possibilità di scegliere in autonomia la governance e le altre caratteristiche della rete e, dall’altro, a permettere la possibilità di modificare in qualunque momento le stesse attività di rete.
I progetti di aggregazione, tuttavia, presentano anche delle criticità perché comportano una parziale perdita del controllo da parte dell’imprenditore e necessitano di una modifica dell’approccio culturale esistente che rimane ancora avverso ai raggruppamenti; probabilmente per questo motivo sono le reti commerciali fra aziende di dimensione simile e con produzioni complementari e sinergiche quelle che sembrano trovare maggiore diffusione. Il punto fondamentale, pertanto, si trova nella considerazione che fare rete vuol dire prima di tutto lavorare per cambiare la mentalità superando gli individualismi e recuperando una dimensione di confronto finalizzata alla condivisione di un percorso di crescita e sviluppo.
L’attività del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Udine presenta in maniera marcata quest’orientamento. Già nel programma illustrato all’atto del suo insediamento, il Presidente Massimiliano Zamò faceva riferimento alla necessità di contribuire alla costruzione di un sano sistema imprenditoriale “in quanto colonna portante di una società aperta”; sempre Zamò affermava che “la nostra associazione dovrà essere capace di costruire reti e forme di dialogo con il territorio per diventare un punto di riferimento ancora più forte attraverso il sostegno a tutte quelle iniziative che possono portare alla nascita di nuove aziende, particolarmente frutto dell’innovazione e del talento dei giovani”. Le stesse attività svolte all’interno dei gruppi di lavoro impegnando gli associati nell’organizzazione d’importanti convegni, di visite aziendali, di missioni all’estero oltre che di eventi conviviali permettono di imparare “le regole” e lo “stile confindustriale” e sono occasioni per fare amicizie che spesso diventano basi per sviluppare la propria attività. Da menzionare, infine, l’attività svolta dal comitato nazionale per lo Sviluppo delle PMI ed etica d’impresa, al quale ha preso parte il Vice Presidente del Gruppo Giovani di Udine Michele Vanin, che si è occupato di studiare i casi di successo per mettere a sistema tutti gli strumenti per lo sviluppo delle reti d’impresa. Tale lavoro, tra l’altro, è sfociato nella realizzazione di un flyer che introduce alla “Guida pratica per la creazione di una Rete d’Impresa” di Confindustria che è stato presentato al Convegno di Capri 2012 e distribuito in allegato al numero dello scorso Dicembre di Qualeimpresa.”