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Mio contributo pubblicato su Il Quotidiano Fvg del 10 luglio 2012: i conflitti in azienda non sono sempre negativi.

Alcune statistiche concernenti il mondo del lavoro e la famiglia permettono interessanti riflessioni sulla realtà delle nostre aziende. Nel 2011, in Italia, il numero di lavoratori che ha deciso di ricorrere contro le imprese attraverso l’assistenza legale di un sindacato si è attestato a ben 320.000 unità. Se guardiamo al Friuli Venezia Giulia la tendenza alla disgregazione familiare, con 248 divorzi ogni 100.000 abitanti, contro una media italiana di 182, è particolarmente elevata.

È evidente che le persone faticano a scegliersi nel modo corretto e, in ogni caso, stentano nel generare relazioni capaci di assorbire periodi di conflitto. Anzi, la conflittualità è intesa quasi sempre in termini negativi e viene risolta con la tendenza all’allontanamento, più o meno coatto.

Nei dibattiti sul tema della leadership in azienda è ricorrente il tema della personalità dei manager e della necessità di ricorrere a dirigenti in grado di proporre e discutere scelte anche in controtendenza rispetto alla tradizionale gestione dell’impresa. In un contesto sociale nel quale il conflitto è considerato in termini negativi e concludenti, come accettare un collaboratore con gli “attributi” in azienda?

Nelle imprese organizzate gerarchicamente e caratterizzate dalla presenza di imprenditori carismatici con delle visioni chiare, prevalgono dirigenti luogotenenti. Ciò può essere efficace se l’imprenditore è particolarmente brillante nella direzione, tuttavia, al crescere delle dimensioni aziendali e della conseguente complessità, la necessità di controllo aumenta e si possono generare delle inefficienze dovute all’autoreferenzialità, a collaboratori poco proattivi e alla difficoltà nel far rispettare le direttive al personale.

Una via d’uscita è rappresentata dalla possibilità di introdurre delle situazioni generative: brainstorming (con astensioni di giudizio e apporti aperti di idee), lavori di gruppo coordinati da manager capaci di stimolare le persone e gruppi di discussione per il miglioramento di processi e di metodi di lavoro. Indispensabile, a questo punto, lo strumento della delega: ciò rappresenta un’attribuzione di potere decisionale e operativo in un ambito ben definito. Significa anche introdurre degli obiettivi e dei sistemi di valutazione delle performance aziendali e del personale.

In altre imprese, frequentemente in quelle in fase d’avvio, l’imprenditore, concentrato sul suo prodotto, rischia di sottovalutare l’esigenza di un’organizzazione ben strutturata e coerentemente diretta. In questo caso, la presenza di uno o più manager che, oltre a tradurre l’idea in strategia e in piani di azione produttivi e commerciali, siano in grado di negoziare con l’imprenditore e con il personale l’introduzione di obiettivi, compiti, regole e assetti organizzativi più razionali può rivelarsi una chiave vincente. Su cosa puntare? Comunicazione interna, procedure snelle e condivise, poche regole efficaci e certe, capacità e strumenti di valutazione delle performance.

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